Percorsi a piedi tra i tufi etruschi. Ora, come duemilacinquecento anni fa. Abili mani - verosimilmente etrusche - hanno da tempo immemore scavato una rete
di percorsi nelle roccia tufacea, in una zona al confine tra Toscana e Lazio tra le province di Grosseto e
Viterbo. Ancora oggi, questo reticolo di “vie
cave” riesce a a emozionare chi le percorre. In cammino tra i tufi etruschi, ci si proietta in un’atmosfera senza tempo in cui può capitare di astrarsi dalla
propria realtà contemporanea. Il panorama è più o meno quello che doveva
presentarsi al patriottico viandante sulle tracce dell’Italia appena unita, al
valoroso templare medievale e al carismatico lucumone etrusco. In cammino tra i tufi etruschi, ben poco è mutato
negli ultimi venticinque secoli, da queste parti. A cambiare sono stati più che
altro gli uomini, non la natura di questi luoghi. Nel territorio di Pitigliano, Sorano, Sovana e San
Quirico, in provincia di Grosseto, si sussegue un reticolo di almeno una
trentina di vie cave. In cammino tra i tufi etruschi, con lo sguardo che, oltrepassata la barriera visiva delle vie cave, può godere della vista dei suggestivi paesi circostanti ai sentieri
tufacei. Sono anch’essi uno spettacolo, con le loro costruzioni scolpite nel
tufo e nella roccia. Le pareti delle vie cave arrivano in alcuni
punti a misurare anche una ventina di metri di altezza. La loro larghezza è
invece in media di un paio di metri. Il che vuol dire che il solo mezzo per
attraversarle sia armarsi di un buon paio di scarpe e della propria prestanza
muscolare. La lunghezza di ogni “tratta”
può arrivare invece a sfiorare il chilometro.
La presenza di alberi e arbusti presenti
sulla sommità, un po’ mimetizzano all’esterno la strada sottostante, un po’
trasformano la via una sorta di galleria
verde, che fornisce un’ombreggiatura apprezzabile soprattutto nei mesi più
caldi. Non sono un fenomeno naturale, le vie cave, esse sono
dovute all’opera dell’uomo. Per alcuni studiosi sarebbero solo delle pratiche
vie di comunicazione costruite per superare i dislivelli altimetrici esistenti
nella zona. Altri sostengono invece che la loro funzione fosse far defluire
l’acqua piovana. Rimane però inspiegabile perché si sia allora andati così in
profondità, tenuto conto che non ci si trova certo in un’area di piogge
tropicali. Appare plausibile allora che le vie cave possano essere state
realizzate dagli Etruschi in funzione di atipici monumenti religiosi, per porsi
in contatto con la “Madre Terra”. La
valenza sacrale giustificherebbe anche la tortuosità labirintica talvolta quasi
ricercata e l’incongruenza di alcuni sentieri, che si sviluppano in modo
parallelo per terminare poi in un medesimo punto.
Le vie cave potrebbero
quindi essere nate perché gli Etruschi avevano saputo percepire questi luoghi
come centri energetici. In effetti, sotto
la crosta terrestre esistono impercettibili movimenti tellurici, forze
magnetiche e flussi sovrapposti di acque. Gli Etruschi, con il rilievo dato alla sfera spirituale e mistica e la
loro sviluppata sensibilità ambientale,
avevano certamente le “antenne” giuste per recepire queste forme di
energia. Le vie cave potrebbero
allora essere “lette” come percorso spirituale. Un tragitto che dalla
semioscurità e tortuosità. progredisce verso l’illuminazione. Un po’ come nella selva dantesca. Il tutto,
sempre con i piedi ben saldi sulla terrar.b.
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