Nel nostro incedere a piedi da un villaggio all’altro dell’area di Tataouine, nel sud estremo della Tunisia, il vento è un elemento che si sente, ma soprattutto si vede. Lo si scorge ad esempio quando solleva le sottilissime particelle di sabbia e roccia di cui sono formati molti dei sentieri, spesso appena accennati, da noi percorsi.
Un vento che si solleva imperioso al di sopra dei nostri passi di camminatori "responsabili" e si impadronisce talvolta di parte del campo visivo e dell’orizzonte. Soprattutto lo si “vede” attraverso lo scenario che è stato modellato da millenni della sua azione energica. Nella notte dei tempi fu proprio il vento a portare tonnellate di sabbia argillosa da queste parti.
A distanza di centinaia di migliaia di anni, la caratteristica polvere rosacea e rossastra proveniente dalle aree desertiche circostanti si è solidificata nelle rocce, nel terreno, nei rilievi, dando a questa zona colorazioni tra l’onirico e il fantastico. Un paesaggio dominato dal Regno minerale. Regno vegetale e Regno animale sono da sempre dei comprimari della componente inorganica.
L'area di Tataouine è ricca di testimonianze umane risalenti addirittura al periodo trogloditico. Gli abitanti di queste zone, di origine berbera, sono sempre stati un numero ridotto, ma essi si sono anche per secoli dati particolarmente da fare, per creare condizioni di abitabilità e produttività interagendo con un ecosistema non proprio dei più ospitali. Timo, erba cipollina e radicchio fanno però spesso capolino tra le rocce del deserto che ci circondano mentre da Chenini ci dirigiamo verso Guermassa, per poi dirigerci verso Douiret. Qui la natura è stata modellata dall’uomo assecondandone forme, colori, sostanza, risorse. Basta pensare agli Jessour e agli ksour per rendersi conto di ciò.
Il sistema degli Jessour è un insieme di piccole « dighe » in terra battura e roccia, create per trattenere l’acqua piovana che di tanto in tanto si degna di bagnare queste aride distese. Questi sbarramenti artificiali sono riusciti nel tempo a creare terrazze fertili, degradanti e leggermente inclinate, le quali consentono « miracolose » colture di cereali, ulivi, alberi da frutta, palmeti.
Le loro tonalità di verde risaltano particolarmente tra le innumerevoli sfumature di marrone e rosso che caratterizzano. Le fragranze vegetali che si sprigionano da essi consentono piacevolmente di evitare il rischio che il senso dell’olfatto vada in letargo per scarsità di aromi.
Gli ksour sono invece delle particolarissime costruzioni formate da cellette tipo alveare poste su più livelli, che si aprono su di un cortile centrale.Scalette strette e ripide ne definiscono i contorni in maniera ancor più caratterizzante. La loro funzione è quella di grossi depositi di prodotti agricoli stipati dalle popolazioni locali seminomadi. Si tratta di depositi particolari, in genere fortificati per consentire anche l’ospitalità della popolazione in caso di attacchi e assedi da parte di popolazioni ostili.
Lo ksar ( singolare di ksour) Ouled Sultan in cui ci “imbattiamo” a una ventina di chilometri da Chenini è forse uno dei più coreografici e vale bene una sosta prolungata. L’accesso è libero e una delle poche concessioni al “turismo” è l’adiacente Cafè El Ksar, un localino dove ci si può rifocillare con acqua in abbondanza, brik e tajine.
Il nostro camminare per chilometri in questa zona ancora poco battuta dai flussi turistici ci fa sentire viaggiatori più che turisti, parte della "cartolina" fatta di rocce, sabbia, timida vegetazione e villaggi antichissimi più che suoi invasivi "assaggiatori"
testo e foto di Raffaele Basile
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